Condivido con voi questa breve intervista apparsa su CORRIERE DEL MEZZOGIORNO nell’inserto EXTRA BENESSERE a cura di Fabrizio Geremicca.
Grazie mille Fabrizio per aver pensato a me!
Ecco il testo (non leggibile dalla foto allegata):
Nella prossima estate festeggerò le nozze d’oro con le bombole sott’acqua. La mia prima volta fu nel settembre 1974 a Puolo. Avevo 6 anni. Non ho più smesso e la sensazione di benessere che provo sott’acqua è sempre quella di allora, non è mai cambiata». Parole di Marco Gargiulo, sorrentino 55enne, informatore del farmaco nella vita all’asciutto, fotografo molto apprezzato in quella sotto il livello del mare. È un figlio d’arte perché suo padre, Enrico, fu un pioniere della fotografia subacquea e sua madre, Maria Rosaria Di Natale, condivise la passione e le immersioni del marito.
Gargiulo ricorda quel giorno di fine estate del 1974 come fosse ora: «Già andavo giù in apnea fino a 15 metri con il retino a caccia di pesci, ma quella volta scesi con le bombole. Fu una esperienza folgorante. La possibilità di rimanere sott’acqua per molto tempo, di esplorare il mondo sommerso mi lasciò incantato. Scesi a 10 metri e durò circa un’ora».
In 49 anni Gargiulo ha inanellato tra le 4.500 e le 5.000 immersioni. Prevalentemente in penisola sorrentina, della quale conosce ogni fondale, ed a Capri, poi alle Tremiti, nel mare della Toscana, in quello della Calabria. All’estero alle Maldive, a Cuba, nelle acque che bagnano il Sudan e nel Mar Rosso. «Quest’anno — calcola — sono ad 80 discese con le bombole. Lo scorso anno furono complessivamente 90. Mi immergo per tutto l’anno e sono tra i folli che amano l’ora solare e la preferiscono a quella legale. Mi permette di andare a mare in inverno alle sei di pomeriggio. Torno a Sorrento dopo una giornata di lavoro, mi cambio, vado alla marina, indosso la muta e le bombole e sono in acqua. Torno alle nove di sera. Mi appoggio ad un diving: Punta Campanella Diving Sorrento. Evito in genere il sabato e la domenica».
Chi glielo fa fare? «Cerco le immagini, indubbiamente, e vado a caccia di belle foto, ma soprattutto inseguo il benessere di stare sott’acqua, che si rinnova ogni volta che mi immergo. Una sensazione di leggerezza, mi sembra di volare, soprattutto quando il mare è limpido e la visibilità è buona. Immergermi è uno stupefacente naturale, produco endorfine che mi fanno stare in pace con il mondo nelle ore successive ed il giorno dopo. Cambia l’approccio ai problemi ed alle difficoltà comuni alla vita di ciascuno.
Sono dipendente dal mondo sommerso, per dire le cose come stanno. Se per un qualche motivo si protrae l’intervallo tra una immersione e l’altra, magari perché il tempo non lo consente o perché incalzano gli impegni lavorativi o perché non sono in adeguata forma fisica, divento insofferente e nervoso».
La quota di immersione, in genere, si aggira sui 35 metri. «È la batimetrica — spiega il sub — più ricca di colori e vita marina. Quella dove è più probabile catturare belle immagini. Mi è capitato, però, di andare anche molto più giù. Il massimo fu a Capri al traliccio di Punta Carena alcuni anni fa. Arrivai fino a 75 metri di profondità».
Sono molti gli episodi da raccontare nella vita subacquea di Gargiulo. «Tra quelli belli — ricorda — la foto dell’accoppiamento di due trigoni, animali che appartengono alla specie delle razze, davanti al Banco di Santa Croce, e tutti gli incontri con il pesce San Pietro, che mi piace moltissimo ed ho scelto come logo per il mio blog.
In negativo ricordo le immersioni che mi hanno portato a scoprire fondali devastati dai datterari — una piaga della penisola sorrentina e di Capri — o deturpati dai rifiuti. I quali, peraltro, diventano talvolta opportunità per le creature marine.
Ho fotografato pesciolini che dormivano in un boccale di birra e torno ogni tanto su un fondale dove giace da anni un gabinetto nella speranza di trovarci prima o poi un polpo».
Il mare, nei cinquant’anni di immersioni di Gargiulo, è cambiato. «Era più trasparente — ricorda — quando ho iniziato ed ero bambino. Io e mio fratello Arturo dalla superficie con la maschera ed il boccaglio riuscivamo a vedere le bombole di papà che stava 40 metri sotto di noi, ed il suo fucile. All’epoca non era ancora proibita la pesca subacquea con le bombole, che oggi è vietata. Sicuramente, poi, c’era più pesce di oggi».
Andare sott’acqua, tuttavia, resta una esperienza indimenticabile. «A patto, però — avverte —, che si rispettino in maniera ferrea norme e comportamenti che garantiscono la sicurezza. Non ci si deve mai improvvisare, perché le conseguenze di un approccio superficiale possono essere letali. Bisogna seguire corsi che siano proposti da professionisti accreditati e qualificati ed evitare di affidarsi a chi promette chissà cosa in tre giorni». Conclude: «Il mare, poi, va rispettato. Non ci si immerge se il meteo lo sconsiglia. Bisogna, inoltre, sapere ascoltare il proprio corpo. Mi è capitato di caricare muta e bombole in auto, di arrivare fino al porto e di rinunciare all’ultimo istante perché avvertivo un qualche dolore, un qualche malessere. Dispiace, ma è necessario».