Marco Gargiulo

#108 Molo San Vincenzo con Antonio e Gianpiero

Il vento gelido da Nord continua a soffiare e oggi ha portato con sé anche le nuvole. Mi alzo presto dopo la bella serata di ieri al Neapolis Underwater Memorial perché ho appuntamento alle 7:30 con Antonio Mario per andare a Napoli presso la sede della Lega Navale Italiana al Molosiglio.

Passo a prendere il mio amico che è già sotto casa e passiamo al bar a prendere il caffè, poi ci mettiamo in viaggio verso casa di Gianpiero Liguori. Arriviamo da lui alle 8:30 e carichiamo anche la sua attrezzatura a bordo della mia auto, poi raggiungiamo la sede della LNI di Napoli. Parcheggiamo l’auto grazie al signor Michele e portiamo all’interno della sede tutte le nostre attrezzature.

I nostri amici “leghisti” non sono ancora arrivati, dopo poco sopraggiunge Dario di Napoli, mentre di Giancarlo Crimaldi e Gennaro Vitale non c’è traccia. Veniamo a scoprire sulla chat di WhatsApp che non saranno presenti oggi, eppure era stato organizzato tutto per loro.

Anche Dario non scenderà in acqua per una indisposizione ma gentilmente si offrirà di farci da nocchiero con il suo gommone.  Ci prepariamo così all’interno degli spogliatoi del circolo poi saliamo a bordo del battello.

Dario ci conduce all’esterno del porto di Napoli a ridosso del molo San Vincenzo. Qui anni addietro è affondata la nave Doris. L’acqua sembra abbastanza limpida dalla superficie, quando entriamo in mare la visibilità non è ottimale, ma comunque accettabile. Su indicazioni di Dario andiamo in cerca dello scafo affondato ma, per colpa mia che non ho capito bene la direzione, non riusciamo ad identificare il relitto. A questo punto dopo aver fatto un tratto sulla sabbia ritorniamo verso la scogliera. 

Tra i grandi blocchi di cemento che costituiscono il molo San Vincenzo c’è tanta vita marina, soprattutto sparidi e salpe. Ad un tratto Antonio viene a chiamarmi, mi segnala sul fondo la presenza di una cernia bruna di circa 1 kg adagiata sul fondo. Sembra morta ma quando mi avvicino la vedo ancora respirare.

Inizio a scattare e quando comincia a muoversi sul fondo, mi accorgo che la parte destra del corpo è tutta lacerata, con un occhio completamente appannato, segno evidente della virosi che sta colpendo questi serranidi.

Non avevo mai visto una scena simile ed è tristissima. Inizio a scattare con l’animale che via via si sposta e si solleva dal fondo a scatti. L’animale ahimè è ormai spacciato, non le resterà che qualche ora di vita, o almeno spero. Non ho avuto infatti il coraggio di provvedere io a farle terminare il suo viaggio sottomarino, ma la speranza remota che si possa salvare mi ha fermato. Scatto per un bel po’ poi lascio il pesce al suo triste destino e vado a cercare i miei compagni. 

È un virus la causa della mortalità di cernie segnalata in queste ultime settimane nel Mediterraneo. Anche se non è un fenomeno nuovo, l’intensità con la quale si sta manifestando nel 2024 è fonte di preoccupazione tra i non addetti al settore. La mortalità anomala infatti sembra coinvolgere non solo le coste italiane (Puglia, Calabria e Sicilia) ma anche le coste del sud della Spagna e delle Isole Baleari.

L’encefalo retinopatia virale, questo il nome della malattia, è causata da un piccolo virus a RNA chiamato Betanodavirus. Questo agente virale è presente da molti anni nel Mediterraneo dove infetta numerose specie ittiche, sia allevate che selvatiche.

Alcune specie, come spigole e cernie, sembrano essere particolarmente suscettibili e la malattia si manifesta con particolare gravità e mortalità elevata. Il virus colpisce principalmente i tessuti nervosi (cervello, midollo spinale e retina) dei pesci alterandone la capacità di nuoto e di visione. Per questo molto spesso i pesci malati presentano lesioni cutanee (desquamazione ed escoriazioni) e lesioni oculari (cheratiti, panoftalmiti), e sono ritrovati a galleggiare a pelo d’acqua.

Grazie alla collaborazione con il prof. Antonio Terlizzi, professore ordinario di zoologia presso il Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste e direttore del Dipartimento di ecologia marina integrata della Stazione Zoologica di Napoli, numerosi soggetti di cernia (Epinephelus spp.) pescati morti o morenti lungo le coste pugliesi sono già stati analizzati dal Laboratorio di ittiovirologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), che ha confermato la diagnosi della virosi escludendo nel contempo altre cause di mortalità.

La dott.ssa Anna Toffan, responsabile del Laboratorio nonché responsabile del Laboratorio di referenza WOAH per questa malattia, grazie ad una estesa rete di contatti nel Mediterraneo, da anni monitora questi fenomeni:

“I primi casi di mortalità di cernie selvatiche a causa dell’encefalo retinopatia virale in Italia risalgono agli anni ‘90” ricorda la dottoressa “e negli anni seguenti le segnalazioni si sono susseguite in diversi paesi Europei e Nord Africani con sempre maggior frequenza. Ad aggravare il fenomeno contribuisce l’aumento delle temperature del mare. Il virus infatti si attiva e aumenta la sua patogenicità a temperature superiori i 25°C. Non a caso le mortalità si osservano sempre a fine estate. E anche quest’anno le segnalazioni seguono un periodo particolarmente prolungato di caldo, che ha fatto registrare per giorni temperature dell’acqua oltre i 32°C.

Il virus non è pericoloso per i mammiferi, uomo incluso, ma ha sicuramente un importante impatto sull’ambiente e sulla biodiversità, colpendo soggetti di tutte le taglie ed età di specie protette come la cernia bruna”.

Ritrovo Antonio con la sua reflex a ridosso della scogliera e lo aiuto e assisto per realizzare qualche foto macro con l’obiettivo 85 mm. Mi fermo con lui invitandolo ad avvicinarsi sempre più, a guardare con più attenzione all’inquadratura, a ruotare la fotocamera ed il flash per adattarsi alle diverse situazioni. Guardando le foto sul display mi sembra un risultato molto incoraggiante, considerando che anche io ho provato a scattare con la sua fotocamera, ma senza mirino magnificatore non ero in grado di vedere nulla. Ho perso completamente l’abilità, abituato al mirino angolare da 45° che ho montato sulla mia Nauticam NA-D850.

Proseguiamo ancora tra i massi per un po’, poi risaliamo con Dario che viene a riprenderci, mentre Gianpiero è lontano da noi. Lo aspettiamo al termine dei nostri 80 minuti trascorsi in acqua. Un cormorano pesca a poca distanza dal gommone, ma mai a distanza utile per essere fotografato. Recuperiamo un infreddolito Gianpy e torniamo a terra. Portiamo le attrezzature in banchina e le laviamo sul posto poi andiamo a fare la doccia.

Ci svestiamo e dopo un aperitivo offertoci da Dario, ci fermiamo a pranzo presso il ristorante della LNI. Dopo il caffè andiamo a recuperare i borsoni e li rimettiamo in auto. Ripartiamo verso casa di Liguori e lo lasciamo dopo poco, poi ci incamminiamo verso Sorrento. Il cielo resta coperto ma la temperatura non è così rigida come al mattino. Alle 13 lascio il mio amico Antonio, poi passo al garage a stendere la muta per farla asciugare, poi vado a casa. 

E’ stata ancora una volta una bellissima giornata di mare, velata dalla triste visione della cernia ammalata, ma penso di aver catturato qualche immagine molto suggestiva e ne sono compiaciuto.

Mi toccherà tornare qui a Napoli per fotografare di nuovo il relitto che era ad una decina di metri da noi, così come riferitomi da Dario che ha osservato il nostro percorso subacqueo dalla superficie, ma bisognerà farlo nelle stesse condizioni meteo-marine per avere una buona visibilità in acqua.

 

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